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Marocco e deserto – l’Erg Chebbi e l’Erg Chegaga

 

“Chi non conosce il silenzio del deserto

non sa cosa sia il silenzio.”

Proverbio tuareg

 

Dicono che l’Africa ti colpisca per i suoi colori, intensi e abbaglianti.

È tutto ‘tanto’ in Africa, il verde delle oasi è troppo verde, il rosso della sabbia è troppo rosso, il cielo è davvero troppo terso. Tutto così intenso da sembrare quasi irreale.

E niente, a me il mal d’Africa è iniziato qui, nel deserto, in Marocco.

Perdersi tra le sue dune, i suoi colori, dormire sotto un cielo stellato che più stellato non si può e godere del silenzio, profondo e avvolgente.

Un proverbio tuareg dice che “chi non conosce il silenzio del deserto non sa cosa sia il silenzio”.

Ed è davvero totale il silenzio del deserto, aperto e profondo, generato dallo spazio enorme, sconfinato, che c’è intorno.

Vi ho raccontato QUI di come, partiti da Fèz, siamo arrivati a Merzouga, località situata ai piedi delle grandi dune di sabbia e nota per il facile accesso ad escursioni di vario tipo nel deserto Erg Chebbi.

 

 

Da Merzouga a Zagora

A Merzouga, come raccontato nel post precedente, abbiamo soggiornato all’Auberge Sahara, base perfetta per riposarci e organizzare insieme a Josef, la nostra guida berbera, i giorni successivi che avremmo trascorso alla scoperta del deserto marocchino.

Le camere sono spaziose e pulite, cena e colazione ottime, super la terrazza sul tetto per ammirare il tramonto e il primo cielo stellato nel deserto!  Si, ‘nel deserto’, perché l’Auberge ha le dune tutto intorno, il deserto Erg Chebbi è già qui!

Merzouga infatti, proprio per la facilità con cui si raggiunge, e per via delle dune dell’Erg Chebbi così vicine, è decisamente affollata di turisti. Noi l’esperienza al campo tendato la faremo altrove, nel deserto dell’Erg Chegaga, la distesa di sabbia più grande del Marocco, con dune che raggiungono i 300 metri d’altezza.

 

 

Partiti da Merzouga si passa per il villaggio di Taouz e si lascia l’asfalto, da qui in poi troveremo soltanto piste desertiche.

Attraversiamo una piccola oasi di palme da dattero nei pressi del villaggio berbero di Ouzina che sorge poco distante dal confine con l’Algeria. La mitica Paris-Dakar passava proprio in mezzo al villaggio.

Il paesaggio cambia di continuo, percorriamo piste non abituali dei fuoristrada e il confine con l’Algeria è abbastanza vicino. Possiamo vedere infatti alla nostra sinistra delle grandi barriere di terra, chiaro invito a non andare in quella direzione e a non valicarle. Lì dietro ci sono postazioni militari che controllano il confine.

Il deserto di pietra si alterna alla sabbia, la vegetazione appare di tanto in tanto per poi scomparire quasi del tutto. Il paesaggio che cambia davanti ai nostri occhi è da togliere il fiato.

 

 

 

 

La nostra prima tappa è a Sidi Ali, alla Kasbah Marabout, qui ci fermeremo una notte. Questo posto mi piace tantissimo, la struttura è costruita in modo tradizionale, con paglia, fango e sassi, è molto accogliente e pulita.

Prima di arrivare alla kasbah però abbiamo fatto tappa per il pranzo; non siamo riusciti a resistere al fascino di una abitazione berbera disabitata, e ci siamo sistemati sotto alla tettoia. Tra una tajine e l’altra un piatto di pasta preparato grazie al super attrezzato ‘Pedro’ ci sta!

 

 

Kasbah Marabout è davvero incantevole, ci accolgono con l’immancabile tè di benvenuto e i dolcetti tipici, ci accompagnano nelle camere (enormi! Io nella mia ho due letti matrimoniali) per depositare i bagagli, e dopo esserci sistemati e rinfrescati decidiamo di partire per un giretto nei dintorni.

 

 

Un po’ di corse tra le dune intorno alla Kasbah e la visita al villaggio berbero di Tafrawot (Tafraoute del deserto).

Tante emozioni amplificate dalla bellezza che ci è esplosa tutto attorno. I colori, le persone che ti salutano incuriosite, i bambini che ti corrono incontro, sorridenti e scherzosi, ti saltano in braccio, e ti seguono ovunque.

 

 

Rientrati a Kasbah Marabout non potevamo trovare postazione migliore per goderci lo spettacolo del tramonto.

 

 

Qualcuno sta sistemando Pedro per la partenza.

 

Per me, che non mangio carne, una ottima e bollente, tajine vegetariana.

 

 

Adoro la colazione in Marocco.

Amo il pane che preparano, l’ottimo miele e le confetture.

 

 

Lasciamo Kasbah Marabout e riprendiamo le piste desertiche, sono previsti circa 140 km per raggiungere Zagora.

 

 

Zagora

A Zagora ci fermiamo giusto il tempo necessario per prenotare il Riad dove dormiremo al ritorno dal Camp nel deserto, qualche spesa e giretto al mercato che Josef ci tiene a farci visitare (e aveva ragione!), ché poi si riparte.

Zagora sorge nella valle del Draa, a ridosso del deserto, a circa 100 km dal confine con l’Algeria, punto di partenza di numerose spedizioni dal XVI secolo fino ad oggi. Una delle immagini famose di Zagora è l’insegna ‘Timbuctu, 52 giorni’ raffigurante un cammello e la direzione verso il deserto. Zagora è infatti l’ultimo avamposto prima di affrontare la lunga traversata del deserto, e 52 giorni è infatti la durata stimata per raggiungere a dorso di cammello la città di Timbuctu, nel Mali.

 

 

A dire il vero qui non c’è molto da fare o vedere, vale sicuramente una visita il palmeto, la valle dove sorge la città è infatti una verde distesa di oltre 150 km di palme.

Imperdibile il mercato di Zagora, è davvero caratteristico, il vero mercato locale che qui ha luogo il mercoledì e la domenica, ci si può trovare davvero di tutto. Visitarlo è una vera esperienza.

 

 

Di ogni tipo, nel caso quello a casa fosse rotto.

 

 

Contenitori e mangiatoie creati riciclando vecchi copertoni d’auto.

 

 

I datteri qui sono ovunque, di tantissime varietà, non ne ho mai visti così tanti diversi, ognuno con il suo sapore e consistenza. Qui al mercato si possono acquistare non solo i frutti, ma anche tutto il materiale per poterli confezionare.

 

 

Ragazzini a cui si è staccata la sella della bicicletta, ed ecco scattare subito il ‘pronto intervento Fede‘ (del resto ‘Pedro’ è attrezzatissimo! Vuoi non sistemare una bicicletta?)

 

 

Pranzo in centro a Zagora da Le Dromadaire Gourmand, tutto molto buono.  Un rapido passaggio a casa di Josef per cambio bagaglio, assaggio dei datteri meravigliosi del suo giardino e si parte!|

 

 

Il ‘giardino’ di Josef

 

 

Questa sotto è la pianta dell’henné. Io non l’avevo mai vista.

 

 

Lasciata Zagora passiamo per il villaggio di Tamegroute, famoso per le bellissime ceramiche verde e ocra, e per Zaouia Nasiryaa, il gioiello nascosto di Tamegroute, l’antichissima biblioteca che custodisce migliaia di manoscritti, una delle più ricche del Nord Africa.

 

 

Superati gli ultimi centri abitati, davanti a noi appare un paesaggio lunare. All’orizzonte una bassa catena di monti che supereremo al passo e che nasconde ai nostri occhi il deserto, quello vero. L’Erg Chegaga, Josef indica come riferimento da seguire una montagna a forma di tajine.

Percorriamo così altri 100 chilometri, puntando dritti a sud. La sabbia adesso si mostra ai lati della strada come una presenza sempre più tangibile.

Attraversiamo gli ultimi villaggi prima di lasciare l’asfalto: Ouled Driss è il penultimo, qui si trova la vecchia kasbah, l’ultimo è M’Hamid El Ghizlane.

M’Hamid El Ghizlane, 80 km a sud di Zagora, qui l’asfalto finisce, adesso solo piste desertiche, sabbia, alberi solitari, la sorprendente tourza (la bellissima pianta velenosa), deserti di roccia.

Non c’è strada, la nostra guida ci indica una pista che si intreccia con mille altre tracciate sul terreno, senza una logica apparente.

 

 

Poi, ecco che dal terreno piatto e sconfinato, vediamo sorgere, morbide, le alte dune. Eccoci arrivati.

 

 

Erg Chegaga – Conference of the birds Camp

Abbiamo impiegato circa 4 ore di fuoristrada per raggiungere il campo tendato che ci accoglierà per la notte; il Conference of the birds camp si cela dietro alle alte dune. Saltiamo giù veloci, depositiamo gli zaini nelle tende, abbiamo fretta di arrampicarci in cima alla duna più alta per goderci il tramonto.

Qui ci troviamo a pochissimi chilometri dall’Algeria, al confine con il grande Sahara. Restiamo seduti in cima, a piedi nudi nella sabbia rossa, in silenzio, a guardare lontano, lo sguardo che si perde nell’orizzonte, i pensieri che fluiscono.

Quello dell’Erg Chegaga è un Sahara da cartolina, con i berberi dalle lunghe vesti, la gita in dromedario, i tamburi attorno al fuoco appena fa buio, un cielo stellato che non si può scordare.

 

 

Il deserto è guardare le stelle, un milione di stelle nel buio più totale, senza che l’inquinamento luminoso ci si metta in mezzo

Non fatevi sorprendere dal freddo, ricordate che nel deserto la temperatura cala più improvvisa del buio. Quindi portatevi felpe, pile, pantaloni termici, non è male avere con se anche un sacco a pelo.

Non fate lo sbaglio di avventurarvi sulle dune a piedi scalzi all’alba. Io, credendo che la sabbia mantenesse il tepore della sera, ho iniziato a scalare la duna a piedi scalzi, ma dopo pochi passi ho dovuto correre giù per infilarmi le scarpe (dopo aver riattivato la circolazione dei piedi ghiacciati!).

 

 

Anche al Camp il cibo era ottimo, la sera ci hanno preparato una zuppa vegetariana decisamente buona, e una tajine, per me senza carne, con prugne, mele cotogne e albicocche, davvero insolita e deliziosa! La colazione con prodotti semplici ma ottimi, l’immancabile pane, le confetture e il miele.

 

 

Che animale fantastico il dromedario! Fedele, robusto, instancabile. Per noi viaggiatori e turisti ha spesso il valore di una passeggiata, di una foto ricordo ma per gli autoctoni il dromedario è un compagno di vita a dir poco essenziale, sa percorrere fino a 160 km al giorno, anche a velocità di 70 km orari, si orienta nel deserto riuscendo a ritornare, non si sa bene come.

Io me ne sono innamorata.

 

 

È tempo di partire nuovamente, lasciamo il Camp con un po’ di (parecchissimo) dispiacere. Ci sarei rimasta molto volentieri un’altra notte, ma ci attendono altre piste e altri paesaggi.

Lungo la strada troviamo tantissime piante di tourza, pianta bella e molto velenosa. Bellissima e davvero tenace, è incredibile vedere come cresce spontaneamente in questi terreni aridi; il suo frutto, della dimensione di un mango, sparge i semini tutto attorno, da questi nasceranno nuove piante, le vedi spuntare piccole e solitarie su questa terra dura e asciutta. Il suo fiore ha l’aspetto di un grosso batuffolo di cotone.

 

 

Lago Iriki  

Il Parco Nazionale Lago Iriki è un luogo pazzesco. Si trova a ovest dell’Erg , una meta decisamente poco esplorata dove si arriva soltanto con jeep, cammelli o a piedi. Il Lago Iriki si estende 18 x 26 km e oggi è completamente asciutto, ma qui un tempo si gettava il fiume Draa. Il suolo è incredibilmente compatto e liscio, tanto che è possibile correre fino a 120 km/h .

Facciamo una sosta nel suggestivo Bar Titanic, un caffè peraltro molto grazioso all’interno, dalla cui terrazza ci sediamo ad ammirare il paesaggio incredibile che ci circonda. E si riparte.

 

 

Dalla terrazza del Titanic Café

 

 

Lasciato il Lago Iriki, ci siamo fermati in un luogo ricchissimo di fossili, una vera e propria distesa di fossili di varia grandezza. Il mare un tempo era qui.

 

 

Foum Zguid  

Arrivati qui intorno all’ora di pranzo, accolti dal richiamo alla preghiera diffuso dagli altoparlanti, ci siamo fermati al Restaurant Chegaga, affollatissimo (di persone, e di gatti affamati); unico posto in cui, durante questo viaggio (non ho onestamente compreso se per mancanza di tempo, o di voglia…) non si sono resi disponibili a prepararmi un piatto senza carne. Non pretendevo molto, io mi adatto facilmente, ma hanno fatto orecchie da mercante, non è arrivato nulla e in  sostanza ho mangiato solo un po’ di riso e patate che hanno portato come ‘contorno’ per i miei compagni di viaggio. In ogni caso, se voi mangiate carne la loro specialità è la grigliata che fanno proprio sotto i vostri occhi a ridosso dei tavolini all’aperto.

 

 

Lungo la strada asfaltata vi capiterà di trovare cartelli che allertano sul possibile attraversamento dromedari. Non è una goliardata, non lo è affatto, dato che i dromedari, soli o in branco, attraversano davvero.

 

 

Josef, la nostra guida berbera, ha deciso che a Zagora saremmo stati ospiti a casa sua, per cena. Si rende pertanto necessario provvedere alla spesa! Questo negozio, vi assicuro, è una esperienza. C’era di tutto al suo interno. Di tutto.

 

Zagora

Arriviamo a La Fibule du Draa, un piacevolissimo Hotel nel centro della città, con camere confortevoli e pulite, piscina e giardino interno, buona la colazione, ottime le crêpes preparate al momento.

 

 

Nel pomeriggio Josef ci porta a vistare l’antica kasbah, al suo interno un mondo di meraviglie! Artigiani di ogni tipo al lavoro, manufatti meravigliosi, avrei davvero acquistato di tutto.

È proprio ai margini del deserto, in questa regione inesplorata e in una natura preservata, che è possibile scoprire l’autenticità dell’artigianato, un ricchissimo patrimonio culturale, una miriade di oggetti e creazioni tipiche.

Non abbiamo purtroppo molto tempo e nemmeno spazio nei bagagli, mi sono limitata ad acquistare un bellissimo anello in argento con pietra naturale per la quattordicenne. Il rientro veloce all’hotel per rinfrescarci prima di cena, che ci aspetta Josef.

 

 

Tè di benvenuto e l’esposizione dei meravigliosi tappeti. Lavorazioni pazzesche, e di tanti tipi diversi.

 

Legno intarsiato.

 

 

L’avventura continua. Da Zagora siamo partiti verso l’Atlas, lungo il percorso faremo diverse tappe, ci attendono la Valle delle Rose, le Gole del Dades e Todra, oasi rigogliose e Kasbah da mille e una notte. La meta finale sarà Marrakech. Anzi no, perché da lì mi sposterò in treno da sola verso Féz.

Al prossimo racconto.

 

PERNOTTAMENTO:

MERZOUGA: 1 notte presso Auberge Sahara

SIDI ALI: 1 notte presso Kasbah Marabout

SAHARA ERG CHEGAGA (ZAGORA): 1 notte presso Conference of the birds Camp

ZAGORA – 1 notte presso La Fibule du Draa

MAPPA DEL PERCORSO DA ERG CHEBBI A ERG CHEGAGA

 

TEMPI DI PERCORRENZA:

Da Merzouga a Kasbah Marabout (Sidi Ali): circa 4 ore

Da Sidi Ali a Zagora: circa 5 ore

Da Zagora al Conference of the birds camp: circa 3, 5 ore

Da Conference of the birds camp fino a Foum-Zguid: circa 4,5 ore

NOTE: all’interno del tempo indicato anche qualche sosta per ammirare il paesaggio, fare foto,  ammirare la vegetazione, animali e fossili.

 

MAPPA COMPLETA ON THE ROAD

 

“Chi non conosce il silenzio del deserto,

non sa cosa sia il silenzio.”

Proverbio tuareg

 

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