Per decorarli preparate la glassa, montando un albume ed aggiungendo poco per volta dello zucchero a velo (circa 150 g, comunque 4 volte il peso dell’albume) e poche gocce di limone.
Se desiderate potete anche colorarla utilizzando del colorante alimentare in gel.
Versate la glassa in una sac à poche con bocchetta piccola liscia, decorate e cospargete con zuccherini a vostro piacere e lasciate asciugare.
Un primo piatto tradizionale e semplice arricchito dal sapore particolare del ‘Fiore rosso d’inverno’
In generale, la pasta ripiena conta innumerevoli declinazioni e varietà, ogni Regione e addirittura provincia possiede la sua tradizione ed un proprio tipo di pasta ripiena.
Basti pensare al tortellino conteso da Bologna e Mantova, agli anolini nel Parmense, gli agnolotti Piemontesi, i pansoti Liguri, i cialzons in Carnia, i tortelli in Emilia e Lombardia, i ravaioli nelle Marche, ai culurgiones della Sardegna. Diversi nella forma, nella tecnica di preparazione e nel ripieno, questi sono solo alcuni tipi di pasta ripiena della tradizione gastronomica regionale italiana.
Difficile stabilire le origini della pasta ripiena. Le prime tracce sembra risalgano al 1100, ma è soltanto intorno al 1300 che compare a Bologna una preparazione simile a quella che conosciamo oggi, ovvero un involucro di pasta, tirata sottile, ad avvolgere un ripieno.
Il nome ‘raviolo’ potrebbe derivare dal latino ‘rabiola’ (piccola rapa) e non è chiaro se si trattasse effettivamente di pasta ripiena o di una sorta di gnocchetti nel cui impasto venivano utilizzati ricotta e foglie di rapa.
In ogni caso, quando parliamo di ravioli, sembra essere opinione consolidata, che il ripieno debba essere di magro, formaggi e verdure.
Come quelli che vi propongo, per il cui ripieno ho utilizzato ricotta e patate, un raviolo delicato che ben si sposa con un condimento saporito e particolare preparato utilizzando il radicchio di Treviso tardivo ed il Pastin.
Qui a Treviso viene chiamato ‘fiore rosso d’inverno’.
E’ il radicchio rosso di Treviso tardivo IGP, una raffinatezza gastronomica, l’unica cicoria che non arriva in tavola direttamente dalla terra, ma che deve subire un trattamento laborioso, abilmente ‘forzato’ e al tempo stesso naturale.
Leggermente amarognolo, squisito e croccante, si raccoglie a novembre, generalmente dopo due gelate.
Il freddo ne blocca la crescita e grazie al successivo ‘imbianchimento’, ovvero l’immersione delle radici in acqua corrente ad una temperatura costante tra i 10 e i 12 gradi ed al buio, la pianta si risveglia e si rigenera, sviluppando un nuovo ‘cuore’ di foglie che, in assenza di luce, crescono prive di clorofilla, con il tipico colore rossastro.
Il radicchio rosso di Treviso tardivo IGP non è una semplice insalata da contorno, trova innumerevoli utilizzi in cucina, addirittura nei dolci.
Nel condimento di questi ravioli, al radicchio ho abbinato il Pastin, una specie di grossa salsiccia preparata con carne di maiale, speziata e salata, preparazione antica e tipica del Bellunese, nel caso vi sia impossibile reperirlo, potete sostituirlo con una salsiccia di buona qualità.
8 blogger, 8 ricette ed 8 tappe da Nord a Sud per scoprire la #CALIFORNIA , accompagnandovi in un tour virtuale, per il concorso #italialovesamerica di Morato Pane.
Il racconto delle varie tappe nei post delle amiche blogger che mi hanno preceduta, mi ha fatto in parte ripercorrere un viaggio studio fatto tanti anni fa quando, appena ventenne, sono partita alla volta di S. Francisco.
Primo volo aereo, primo viaggio da sola, quasi due mesi distante dalla famiglia e ad attendermi parenti americani che non avevo mai incontrato.
Ho visitato diverse località, ma solo fino a Big Sur, ero troppo giovane e timorosa per andarmene a spasso per la California tutta sola, quindi spingermi oltre e portarvi virtualmente a S. Diego, nella settima tappa di questo viaggio, per me è un enorme piacere!
Per respirare a fondo l’atmosfera californiana, bisogna davvero cavalcare l’onda e raggiungere S. Diego!
Città dall’influenza messicana, movimentata, giovane, ricca e curata, con le sue lunghe e sconfinate spiagge, le alte palme ai lati delle strade, il clima mite durante tutto l’anno, S. Diego è la città californiana per eccellenza.
Situata poco sopra al confine messicano, S. Diego un tempo era una Missione francescana, di cui conserva ancora le atmosfere tra gli edifici della città vecchia, il suo cuore messicano infatti pulsa ancora nella Old Town.
Da Balboa Park con i suoi innumerevoli musei e spazi espositivi, alla vita notturna del Gaslamp Quarter con i suoi ristoranti e locali, la Jolla, il quartiere ‘gioiello’ con le sue spiagge scogliose, passando per Mission Bay e le sue 27 miglia di spiaggia, e arrivando a Coronado Island ed alla sua bellissima spiaggia, insomma S. Diego con il suo mix di storia, natura, sport e movida, offre tantissimo al visitatore ed è davvero una tappa imperdibile!
Il legame degli abitanti con il mare è molto forte a S. Diego, anche nella cucina. Perché non proporvi quindi un sandwich dove il granchio, è abbinato all’avocado, frutto di cui la contea di S. Diego è uno dei maggiori produttori?
CRAB & AVOCADO SANDWICH a SAN DIEGO: la #CALIFORNIA CON MORATO
Ingredienti
Ingredienti per 4 persone
1 confezione di American Sandwich Classico Morato
700 g di chele di Granciporro (oppure polpa di granchio confezionata)
8 fette di Emmental (o altro formaggio filante)
3 avocado maturi
1 limone biologico
2 lime
7-8 pomodori datterino
1 cipollotto
Sale qb
1 Peperoncino verde Jalapeno (facoltativo)
foglie di insalata qb (scarola o gentile)
Pepe bianco qb
Olio evo qb
Preparazione
Preparate la salsa guacamole: sbucciate 2 avocado, eliminate il nocciolo e schiacciate la polpa con i rebbi di una forchetta.
Unite il succo dei lime, il cipollotto tritato, i pomodori datterino tagliati a piccoli cubetti ed il peperoncino jalapeno tagliato a pezzetti (se desiderate un guacamole piccante), regolate di sale e pepe e tenete da parte.
Se utilizzate le chele di granchio, lessatele per 10-12 minuti, fatele raffreddare un po’ quindi , utilizzando uno schiaccianoci, rompetele per estrarne la polpa. Eliminate eventuali cartilagini e fate attenzione ad eliminare tutte le schegge.
Condite con sale, pepe, succo e un po’ di scorza grattugiata del limone (nel caso utilizziate polpa di granchio confezionata, eliminate il liquido, strizzatela bene, controllate che non ci siano cartilagini, e condite come sopra).
Tostate le fette di pane su un solo lato, disponete le fette di emmental sulla fetta inferiore di ciascun sandwich e passatela sotto al grill per alcuni minuti affinché si sciolga leggermente.
Disponete sopra al formaggio una foglia di insalata (precedentemente lavata ed asciugata), abbondante salsa guacamole, della polpa di granchio e finite con delle fette sottili di avocado. Spalmate poco guacamole sulla seconda fetta quindi chiudete il sandwich e servite subito.
Il sandwich ve lo offro io,
voi lasciatevi catturare dall’aria rilassata e vacanziera che si respira a S. Diego,
immaginatevi seduti in un locale sulla baia, ad ascoltare musica, guardando i surfisti che cavalcano le onde dell’oceano, in attesa del tramonto.
Magari il sogno si realizza quindi forza! Cosa aspettate a partecipare?
Qui il regolamento completo!
Avete tempo fino al 14 Dicembre 2015!
L’ottava e ultima tappa del nostro viaggio sarà con Vatinee a Palm Springs!
Stay tuned!
Vi ho già spiegato perchè la Chiffon Cake per noi è ‘La Fluffosa‘.
Torta morbidissima, alta alta, che dà tanta soddisfazione vedere gonfiare nel forno…
Ormai è la nostra torta, ci divertiamo un sacco a prepararla e provarla in mille modi diversi.
La scorsa settimana l’ho fatta con la zucca ed il cioccolato. Non sono riuscita a difenderla per fotografarla… Giuro che la rifaccio per poterla mettere qui sul blog.
Ispirata dal blogtour che mi vedrà coinvolta con altre #ifoodies questo fine settimana, alla scoperta delle bellezze della Marca Trevigiana, cosa mai avrei potuto mettere dentro a questo dolce?
Il Radicchio rosso di Treviso IGP, lo avevo già messo dentro ai biscotti e il risultato mi era piaciuto tantissimo, vi posso assicurare che anche qui dentro ci sta davvero bene!
Chi mi segue sa che io sono veneziana, ma risiedo a Treviso da diversi anni ormai.
Beh, sono davvero felice di partire insieme ad altre amiche blogger alla scoperta del bellissimo territorio che mi ha accolta.
Un bellissimo programma quello di #MarcaTrevisoInRosso un tour tra gusto, arte e cultura, promosso dal Marca Treviso e Insalarte di Ortoromi con il Consorzio tutela Radicchio Rosso di Treviso IGP e Radicchio variegato di Castelfranco IGP.
Se vi va di seguirci, alla fine del post tutti gli hastag da cercare sui social!
Io ora vi lascio alla ricetta, fidatevi e provate…ché il radicchio mica si mangia soltanto in insalata! 🙂
Ingrediente versatile il riso e preparazione che si sposa con ogni prodotto di stagione.
Questo abbinamento che vi propongo per Territori Coop, mi piace in modo particolare.
Il topinambur ha un sapore delicato e delizioso, abbinato al sapore deciso dei funghi porcini, beh…ha un suo perchè.
Un ingrediente antico, una tecnica di cottura particolare, un primo piatto versatile e sempre ‘confortante’.
Il riso, pianta dalla storia millenaria, ha origini ancora controverse. L’unica cosa certa è che la patria del riso è l’Estremo Oriente dove, oltre a costituire il 90 % dell’alimentazione, si è sviluppata una vera e propria ‘cultura del riso’, che ha caratterizzato ogni aspetto della vita delle popolazioni.
Dopo il grano, il riso è il cereale più consumato al mondo, nel complesso rappresenta l’alimento principale per i ¾ della popolazione mondiale.
Arrivato in Occidente in epoca cristiana, ma utilizzato da Greci e Romani soltanto come ornamento e medicinale, trovò diffusione in Italia attraverso la Sicilia, grazie agli Arabi e ai mercanti della Repubblica di Venezia.
Restò a lungo un prodotto ‘esotico’ e carissimo, venduto nei negozi degli speziali insieme a zucchero e spezie. In cucina veniva utilizzato macinato, sotto forma di farina e per la preparazione di dolci. Si ritiene che furono gli aragonesi ad introdurlo nel nostro paese come cibo e piatto a sé, tra il XIV e il XV secolo. Trovò poi al Nord, le condizioni ideali per essere coltivato, un territorio pianeggiante, clima regolare e fiumi alimentati da sorgenti perenni.
Pochi alimenti sono così versatili in cucina, con il riso si possono preparare pietanze che vanno dall’antipasto al dolce, a patto di scegliere il giusto tipo di riso per ogni piatto.
Di varietà e qualità di riso ne esistono molte, quelle coltivate in Italia sono tutte sottovarietà della Japonica, dal chicco tondeggiante e ricco di amidi. In Italia è suddiviso e classificato in quattro gruppi, in base alla dimensione del chicco, all’aspetto e al comportamento durante la cottura: comune o originario, semifino, fino e superfino.
Il riso che io preferisco per la preparazione dei risotti è Il Carnaroli, considerato il ‘re dei risi’, il più pregiato e il più utilizzato nella cucina italiana. Ottenuto nel 1945 da un incrocio tra il Vialone Nano e il Lencino, grazie alla particolare composizione del suo amido (molto ricco di amilosio), non scuoce e non si disgrega, risulta pertanto ideale per la preparazione dei risotti.
Quando parliamo di risotto, oltre che al piatto, ci riferiamo ad una particolare tecnica di cottura, per l’appunto ‘a risotto’. Fondamentale nella ‘cottura a risotto’ è la tostatura dei chicchi, che forma sulla superficie di ciascuno uno strato protettivo, permettendo di mantenere al loro interno aromi e consistenza. La successiva e lenta aggiunta del brodo, consente al riso di arrivare a fine cottura morbido e cremoso ma al tempo stesso di mantenere la sua struttura e compattezza.
La varietà degli ingredienti con cui poter realizzare un buon risotto è davvero ampia, ortaggi, legumi, molluschi, pesce e carne, formaggi, spezie ed aromatiche, addirittura con la frutta, anche con pochi e semplici ingredienti è sempre una vera bontà. Ingrediente della cucina povera e di recente riscoperto, il topinambur è il tubero commestibile di una pianta erbacea perenne simile alla margherita, ma dal fusto alto come il girasole. Ha innumerevoli proprietà benefiche per l’organismo, ed un sapore delicato che ricorda quello del carciofo e che, a mio avviso, ben si sposa con quello deciso ed intenso dei funghi porcini.
Io e Monica, sabato 24 presso il Teatro le Maschere a Montecatini Alto, abbiamo presentato due piatti, utilizzando le erbe spontanee raccolte insieme a Graziella Picchi, autrice del libro ‘Atlante dei prodotti tipici: Le Erbe’, degli gnocchetti di ricotta allo zafferano con una salsa di Silene Bianca e mandorle tostate, ed una insalata di erbe spontanee miste con primosale, arancia, anacardi tostati e crostini speziati alla curcuma. Nella stessa location, Alessandra ha invece presentato una deliziosa torta salata, ricetta ispirata al Medioevo. Piatti molto graditi dal pubblico!
Poi domenica presso le Terme Tettuccio, la presentazione del libro con Cristina e Lina e showcooking, con ricette tratte dal libro, a cura di Fedora e Tiziana, tutto molto buono e spazzolato dai presenti in sala!
Gli stessi gnocchi di ricotta, profumati allo zafferano, ve li propongo oggi abbinati a dei funghi.
Gli gnocchi di ricotta sono davvero facili e molto veloci da preparare.
Al posto dello zafferano potrete unire all’impasto anche spezie diverse oppure delle erbe aromatiche, come ad esempio erba cipollina o basilico, servendoli poi semplicemente con del burro fuso e formaggio grattugiato o salse di diverso tipo. Sono ottimi anche leggermente gratinati al forno.
Vi lascio alla ricetta! 🙂
GNOCCHI DI RICOTTA CON FUNGHI CHIODINI E PORCINI
Ingredienti
Dose per 4 persone
Per gli gnocchi
500 g ricotta di bufala (o ricotta di mucca)
150 g di farina di riso biologica (circa)
50 g Parmigiano Reggiano grattugiato
1 uovo biologico
1 bustina di zafferano
sale qb
pepe qb
Per il condimento
300 g di funghi chiodini
2 funghi porcini
1 spicchio d’aglio
prezzemolo
olio evo qb
sale qb
pepe bianco qb
Ricotta affumicata qb
Preparazione
Per gli gnocchi
Lavorate bene la ricotta, unite l’uovo, il Parmigiano grattugiato, il sale e lo zafferano sciolto in pochissima acqua.
Aggiungete la farina, poca per volta, e quanta ‘ve ne chiede’ l’impasto; quando sarà omogeneo e non attaccherà più tanto alle mani potete procedere alla preparazione degli gnocchi.
Cospargete di farina il piano di lavoro, prendete un pezzo di impasto e formate un cordoncino. Tagliate tanti piccoli pezzetti con un coltello pulito.
Fate rotolare ciascun pezzetto tra i palmi delle mani, fino a formare delle piccole palline. Disponetele su una teglia foderata di carta forno.
Per il condimento
Pulite bene i funghi, eliminando la parte terrosa e lavandoli velocemente sotto l’acqua corrente. In un tegame, fate rosolare uno spicchio d’aglio sbucciato e schiacciato con poco olio evo, poi unite i chiodini e lasciate cuocere a fuoCo medio per una decina di minuti.
Verso fine cottura unite anche i porcini tagliati e fettine, regolate di sale e pepe, continuate la cottura per qualche minuto, finite con prezzemolo fresco e tenete da parte.
Tuffate gli gnocchi in acqua bollente salata, una volta venuti a galla potete scolarli e passarli nel tegame ad insaporire con i funghi.
Servite ben caldi cospargendo di altro prezzemolo fresco e ricotta affumicata grattugiata.
Un dolce che vede protagonista l’ortaggio simbolo dell’autunno,
arricchito e profumato da frutta e spezie.
La zucca è davvero il simbolo della stagione autunnale. E’ uno degli ortaggi più antichi ed uno dei primi che furono importati dopo la scoperta del continente americano.
Può essere di svariate forme e dimensioni, dalle zucche giganti che vengono intagliate durante la festa di Halloween, alle piccole zucche decorative. Ne esistono tantissime varietà ed ognuna ha le sue caratteristiche, la più famosa e pregiata è forse la zucca Mantovana, molto rinomata anche la zucca di Chioggia varietà molto diffusa in Veneto, quella lunga di Napoli dalla polpa dolce, la zucca Violina chiamata così per la sua particolare forma che ricorda la custodia di un violino e dal sapore delicato, la zucca Delica, varietà molto diffusa, dalla polpa dolce e poco filamentosa. Ma sono solo alcune.
La zucca è un ortaggio che trova molti impieghi, e non solo in cucina, spesso utilizzata anche come contenitore o come decorazione. Il suo sapore dolce la rende ideale per tante preparazioni , dall’antipasto fino al dolce; perfetta per vellutate, minestroni, nella pasta ripiena e negli gnocchi, nel purè, cotta al forno, in umido o alla piastra, e anche in tantissime preparazioni dolci.
Confesso che io la utilizzo molto e molto spesso per preparare dolci e dessert.
Il Plum Cake è un dolce che mi piace molto, semplice, veloce, versatile, lo si può preparare in tantissimi modi diversi, sia dolce che salato, basta lasciare libera la fantasia e la voglia di sperimentare.
Il nome che ormai comunemente utilizziamo, ‘plum cake’, non sarebbe molto corretto. Letteralmente in inglese significa ‘torta di prugne’, per l’appunto si fa riferimento ad una torta tedesca, la Pflaumenkuchen o in inglese la German Plum Cake, generalmente una base di frolla o pasta leggermente lievitata sulla cui superficie vengono affondate le fette di prugna.
La ricetta del Plum Cake, di cui peraltro attualmente esistono diverse dosi e varianti, ricorda invece la Pound Cake anglosassone, ovvero la ‘Torta della libbra’, nome che deriva dal dosaggio degli ingredienti, la ricetta originale prevede infatti l’utilizzo dello stesso dosaggio, una libbra, per ciascuno dei cinque ingredienti necessari, farina, burro, zucchero, uova e frutta secca o candita.
Simile la preparazione francese del ‘Quatre-Quarts’, stessa dose per tutti e quattro gli ingredienti utilizzati, senza utilizzo di frutta candita.
Non è ben chiaro come mai nel tempo si sia arrivati a definire con Plum Cake un intero genere di preparazioni, sia dolci che salate. Sono cambiati dosaggi e ingredienti, ne troviamo tantissime varianti e ormai con questa definizione si comprende una intera categoria di preparazioni, accomunate dalla tipica forma rettangolare di questo dolce, data dall’utilizzo dell’omonimo stampo a cassetta.
In questa versione che vi propongo la polpa della zucca colora e addolcisce naturalmente l’impasto, il tutto è arricchito e profumato dalla frutta secca ammollata nel rum, dallo zenzero che dona una nota piccantina e fresca, e dalle spezie, che potrete tranquillamente variare, e aumentando o diminuendo la quantità a seconda dei vostri gusti.
Arancione, uno dei meravigliosi colori di questa stagione.
Il colore delle foglie che iniziano a cadere, della polpa delle zucche e dei meravigliosi piatti che si possono preparare, delle arance e dei mandarini che ci proteggono dai malanni di stagione, dei dolcissimi cachi.
L’hummus, cremina semplicissima da fare il cui ingrediente base sono i ceci, la si può preparare in tanti modi diversi.
Ve l’avevo già proposta con le cicerchie, qui. Potete utilizzare anche i piselli ad esempio, i fagioli, la zucca, le barbabietole e, come in questo caso, le carote.
Ingrediente necessario per la preparazione dell’hummus è la salsa tahin, che potete trovare pronta nei negozi e supermercati biologici, ma che potete anche facilmente preparare a casa. Si tostano i semi di sesamo frullandoli successivamente con dell’olio, potrete poi conservarla in frigorifero per diversi mesi. Vi lascio la ricetta semplicissima qui sotto.
Ingrediente base della cucina vegetariana e vegana, la salsa tahin può essere utilizzata per insaporire piacevolmente ed in modo naturale tantissimi piatti, e non soltanto salati.
In Grecia, la scorsa estate ho assaggiato una crema di nocciole e tahin, particolare e buonissima.
Insomma dai, andiamo con la ricettina sciuè sciuè!
HUMMUS DI CAROTE E CECI
Ingredienti
300 g carote cotte al vapore
130 g di ceci biologici cotti
10-15 g olio evo
acqua qb
curcuma qb
noce moscata qb
1 limone
sale qb
pepe qb
2 cucchiai di tahin *
sesamo qb
mandorle a lamelle qb
Per la salsa tahin
100 g sesamo
50 g olio di semi di girasole
½ cucchiaino di sale
Preparazione
Per la salsa tahin
In una padella antiaderente tostate i semi di sesamo per alcuni minuti, mescolate spesso per evitare c he si brucino.
Tritate i semi nel mixer, quindi unite l’olio ed il sale, e continuate a mixare fino a quando avrete ottenuto una crema abbastanza compatta e densa.
La salsa tahin va tenuta in un vasetto sterilizzato in frigorifero. Per farla durare più a lungo versate un goccio d’olio sopra per non farla venire a contatto con l’aria. In questo modo si conserva per diversi mesi.
Per l’hummus di carote e ceci
In un mixer frullate le carote cotte al vapore ed i ceci cotti; unite poca acqua, il succo di limone e l’olio evo.
Se il composto dovesse risultare ancora troppo compatto aggiungete ancora poca acqua.
Unite anche la tahin, il sale, il pepe e le spezie (assaggiate ed eventualmente regolate aggiungendone al bisogno).
Tostate leggermente i semi di sesamo e le mandorle a lamelle.
Trasferite l’hummus in una ciotolina e cospargete con sesamo e mandorle tostate.
NOTE:
Potete servire l’hummus con dei bastoncini di verdure miste, con dei cracker ai semi, o delle fette di pane tostato.
Si, scuse del tipo, “fa freddo”, “è brutto tempo”, ” ho l’umore è ballerino”…
Macché.
Per me il cioccolato è sempre presente, è una quotidiana parentesi di godurioso relax per il palato e l’umore.
Quello fondente, bello scuro, amaro, cacao al 70%, mangiato così, in purezza, oppure cacciato dentro ai dolci.
Poi diciamocelo, ormai studiecontrostudi lo hanno definito una sorta di cibo farmacia dalle mille proprietà; i componenti presenti nel cacao svolgono infatti innumerevoli funzioni benefiche.
Stimola le endrofine, contrasta i problemi cardiovascolari, abbassa la pressione sanguigna ed il colesterolo cattivo, è antinfiammatorio, protegge il fegato, calma la tosse, protegge la pelle e la vista, questo oltre a svolgere un’azione di riduzione dell’ormone dello stress, insomma solleva il morale….e vi sembra poco?
Insomma, dovessero venirvi dei sensi di colpa nel produrre dolci al cioccolato, potete sempre trovare riparo in queste ottime ‘scuse scientifiche‘!
Si ok, ok, dentro al dolce che vi propongo oggi, la Marquise al cioccolato, una sorta di mousse, assolutamente paradisiaca, ci sono anche un bel botto di burro e panna, ma tutto sommato sono piccoli dettagli…suvvia non siate così pignoli.
Nel week end potete sempre andare a correre per smaltire!
Ricettina?
MARQUISE AL CIOCCOLATO
Ingredienti
200 g cioccolato fondente al 70%
100 g burro biologico
3 tuorli (uova medie biologiche)
100 g zucchero a velo
250 ml panna liquida
½ cucchiaino di polvere di vaniglia biologica
cacao amaro per finire
pesche e lamponi per guarnire
Preparazione
Procedete alla pastorizzazione delle uova: versate lo zucchero con alcuni cucchiai d’acqua (3-4) in un pentolino e portate a 121°, nel caso non disponiate del termometro per alimenti controllate lo sciroppo, quando vedete che si formano delle bolle abbastanza grandi la temperatura di 121° è indicativamente raggiunta.
Montate i tuorli nella planetaria (con la frusta) a velocità sostenuta (oppure con una frusta elettrica), aggiungete a filo lo sciroppo caldo e continuate a montare fino a quando otterrete un composto ben gonfio e raffreddato.
Nel frattempo fate sciogliere il cioccolato a bagnomaria.
In una ciotola ampia montate il burro con la polvere di vaniglia fino a quando diventerà chiaro e soffice.
Aggiungete il burro al cioccolato, mescolando delicatamente per amalgamare tutto, quindi anche il composto di tuorli e zucchero.
Montate la panna a neve ben ferma ed unitela delicatamente al composto, mescolando dal basso verso l’alto.
Foderate uno stampo rettangolare o quadrato con della pellicola alimentare, versate il composto e livellatelo con una spatola.
Fate solidificare e riposare in frigorifero per almeno 3 ore.
Estraete la marquise dallo stampo, eliminate la pellicola e cospargetela di cacao amaro.
Servitela affettata, accompagnando con fettine di pesca noce e lamponi.
Piatto di origine araba e simbolo della convivialità, una pietanza che fa da legante, accomunando culture e popoli diversi.
Il cous cous è un piatto che evoca l’Oriente, notti sahariane di luna e cieli stellati, le carovane tra le dune, il tè nel deserto, non a caso è una preparazione originaria e tipica del Nord Africa, in particolare delle popolazioni berbere del Maghreb. Il cous cous è un piatto antico, la sua storia è paragonabile solo a quella del pane o del riso, una leggenda ne narra la nascita addirittura tra il 970 e il 930 prima di Cristo.
Nato come alimento ‘povero’, viene ottenuto dal grano duro, Triticum durum, (in alcune regioni anche da orzo o miglio), che viene macinato grossolanamente. La semola ottenuta viene cosparsa d’acqua e lavorata a lungo con le mani fino ad ottenere tante piccole pallottoline, queste vengono poi passate al setaccio al fine di ottenere piccoli granelli del diametro di un millimetro circa. Vengono poi fatti essiccare al sole e successivamente cotti in speciali pentole di terracotta, formate da due tegami sovrapposti dove, nella parte inferiore vengono cotte le verdure e/o la carne, e nella parte superiore forata, cuoce la semola, che in questo modo assorbe tutti i profumi ed aromi che provengono dal brodo sottostante.
La preparazione originaria della semola e della successiva cottura è abbastanza lunga e laboriosa, oggi la sua produzione è in gran parte meccanizzata e la semola viene ormai commercializzata in tutto il mondo; solitamente la si trova in commercio precotta, viene infatti essiccata dopo essere stata cotta al vapore, così da rendere davvero veloce la sua preparazione, con la sola aggiunta di acqua o brodo bollente per farla rinvenire.
Piatto davvero mutevole, ogni paese ha la sua tradizione. In Marocco viene preparato con i 7 ortaggi (numero magico che evoca molte credenze tra il popolo berbero) o con carne di montone, ceci ed anche uvetta, in Tunisia viene servito con il pesce oppure con agnello o pollo ed accompagnato da una salsa piccante, la harissa, a base di peperoncini piccanti pestati con aglio e spezie, tra le quali il coriandolo e il carvi, e non manca la versione dolce, il mestuf, in cui la semola viene servita con miele, frutta fresca e secca e spezie profumate.
Pellegrino Artusi scriveva ”E’ un piatto di origine araba che i discendenti di Mose’ e di Giacobbe hanno, nelle loro peregrinazioni, portato in giro per il mondo”.
La diffusione di questa pietanza nei paesi del Mediterraneo avvenne soprattutto grazie agli ‘uomini di mare’, per primi gli arabi, ma anche i mercanti di spezie ed i pescatori, che giunsero in Spagna, Francia ed in Italia. In alcune regioni italiane il suo consumo è molto radicato. In Sardegna, a Carloforte troviamo il cascà, preparato con verdure di stagione, legumi e spezie, la cui tradizione deriva dai pescatori di corallo liguri che, in arrivo dall’isoletta tunisina di Tabarca, si stabilirono sull’Isola di san Pietro. Troviamo il cous cous anche nella cucina pantesca sempre grazie agli scambi culturali con la vicina Tunisia, qui preparato con pesce, molluschi ed ortaggi, ma anche a Livorno dove viene invece preparato con verdure e polpettine di carne. In Sicilia, in particolare nei territori tra Favignana, Marsala, Mazara del Vallo, Trapani e San Vito lo Capo, è un piatto tradizionale, il cuscussù trapanese ad esempio viene condito con una zuppa di pesce misto, con aggiunta di pomodoro e mandorle.
Da 18 anni¸ a San Vito lo Capo, durante il mese di Settembre, ha luogo un importante Festival che vede protagonista questa pietanza. Il Cous Cous Fest promuove la conoscenza, lo scambio e l’integrazione culturale tra i popoli del Mediterraneo, molto diversi tra loro per tradizioni, cultura e religioni, ma accomunati dalla passione per il cibo e da questa pietanza speciale.
La ricetta che vi propongo è una mia versione, a metà strada tra il cuscusù trapanese e il cous cous alla pantesca. Piatto unico un po’ laborioso ma, vi assicuro, di sicuro successo!
COUS COUS MEDITERRANEO DI MARE E DI TERRA
Ingredienti
Dosi per 4-6 persone
300 g cous cous integrale
2 zucchine
1 melanzana
4 pomodori maturi
1 cipolla di Tropea
3 spicchi d’aglio
1kg cozze
300 g gamberi
250 g calamari (circa 4 di media grandezza)
500 g pesce (filetto di San Pietro, scorfano, gallinella)
Vino bianco secco
Passata di pomodoro qb
Brodo vegetale qb
Prezzemolo fresco qb
Basilico fresco qb
Olio evo qb
Sale qb
Pepe bianco qb
Peperoncino (a piacere)
Preparazione
Per prima cosa procedete alla pulizia delle cozze. Eliminate le cozze rotte o semiaperte, quindi spazzolatele sotto l’acqua corrente una ad una utilizzando una spazzolina dura di saggina (o una paglietta da cucina), se dovessero presentare incrostazioni potrete eliminarle facilmente con la lama di un coltello.
Lasciatele a bagno in una bacinella piena d’acqua salata per una mezz’ora affinché eliminino eventuali impurità.
Eliminate la barbetta che fuoriesce dalla conchiglia (il bisso che permette alla cozza di rimanere ancorata agli scogli), sciacquatele un’ultima volta sotto l’acqua corrente quindi riponetele in una casseruola con poco olio evo ed uno spicchio d’aglio schiacciato. Mettetele sul fuoco, non appena inizierà a sfrigolare, sfumate con pochissimo vino bianco, fate evaporare quindi coprite con un coperchio e lasciatele aprire completamente, ci vorranno 6-7 minuti.
Toglietele dal fuoco, sgusciatele in un piatto e conservatene una decina con la conchiglia per decorare il piatto. Filtrate il liquido delle cozze con un colino a fori ben stretti per eliminare tutte le impurità, tenete da parte.
Pulite e sfilettate il pesce, riducendo la polpa in piccoli pezzi. Lavate i calamari, puliteli eliminando la pelle, le interiora, gli occhi e la bocca, tagliateli a listarelle, lavate e pulite anche i gamberi.
Fate soffriggere in una padella capiente poco olio evo ed uno spicchio d’aglio schiacciato, unite la polpa di pesce, i calamari ed i gamberi. Salate e fate cuocere a fuoco vivace, unite il prezzemolo fresco lavato e spezzettato con le mani, quindi togliete dal fuoco e tenete da parte.
Lavate le verdure e riducetele in piccoli dadini, ad eccezione della cipolla che taglierete a fettine sottili.
Eliminate la buccia dei pomodori e tagliateli a cubotti.
Fate soffriggere tutte le verdure in un’altra padella con olio e uno spicchio d’aglio schiacciato, unite per ultimi la cipolla ed il pomodoro tagliato a cubetti. Unite della salsa di pomodoro (quantità a vostro piacere a seconda di quanto rosso volete il vostro cous cous).
Regolate di sale, pepe (o peperoncino, a piacere, se lo preferite un po’ più piccante) e lasciate cuocere ancora per una decina di minuti. Unite il basilico fresco lavato e tenete da parte.
Procedete alla preparazione del cous cous seguendo le indicazioni riportate sulla confezione.
Il metodo base è il seguente: sciacquate la semola sotto l’acqua corrente, versatela in una casseruola, unite poco olio e sgranate bene i chicchi con una forchetta.
Aggiungete il liquido/brodo bollente (composto in questo caso dal liquido di cottura delle cozze precedentemente filtrato, mescolato con dell’altro brodo vegetale) quantità pari al volume del cous cous, mescolate bene, coprite e lasciate riposare e gonfiare per una decina di minuti.
Trascorso il tempo, unite qualche cucchiaio d’olio e sgranatelo con una forchetta (o con le mani) affinché i chicchi rimangano ben separati, quindi mescolatelo alla verdure tenendo da parte un po’ di salsa di pomodoro con cui finirete il piatto.
Unite anche il pesce e parte delle cozze. Versate in un ampio piatto di portata, completate finendo il piatto con le rimanenti cozze e la salsa di cottura delle verdure tenuta da parte.